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Oltre l’oro. Il trittico degli Ottoni restaurato

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L’opera

Trittico degli Ottoni
(Crocifissione, Sant’Adriano, San Bartolomeo, Natività, Adorazione dei Magi)

Luca di Paolo e Lorenzo d’Alessandro
1475 circa
Tempera e oro su tavola

Tipologia, committenza, provenienza

Il trittico fu realizzato per la Pieve dei Santi Adriano e Bartolomeo, patroni di Matelica raffigurati nei registri superiori degli scomparti laterali. Questa chiesa si trovava al centro dell’attuale Piazza Enrico Mattei, ma venne abbattuta nel 1530 per volere degli Ottoni. Da allora il trittico fu depositato nella Cattedrale di Santa Maria, nella cui sagrestia era visibile nei primi anni del Novecento, prima di essere trasferito al Museo Piersanti.
Fin dalla fine del XIII secolo le pale d’altare avevano la forma di polittici, erano cioè composti da tre o cinque tavole dipinte, racchiuse in carpenterie più o meno ricche. Nelle Marche questa tipologia di oggetti viene utilizzata fino alla fine del Quattrocento e anzi conosce la sua maggiore fioritura proprio nella seconda metà del secolo.
La cornice costituiva un elemento fondamentale nelle pale d’altare tra Tre e Quattrocento, permettendo loro di sostenersi sull’altare. Qui probabilmente manca la predella, un gradino che fungeva da base. Si suppone che il fastigio (la parte più alta dell’opera) fosse molto più elaborato di quello attuale: fu probabilmente tagliato in epoca ignota per adattare l’opera a una nuova collocazione.

Tecniche e materiali

Le tecniche decorative in oro sono molto varie. La foglia d’oro del fondo è talvolta lavorata a incisioni e granitura, ad esempio nella raffigurazione del Sole e della Luna che evoca l’eclissi narrata nei Vangeli. Punzoni, granitura e incisioni a mano libera abbelliscono le aureole dei personaggi.
Le rifiniture delle vesti dei personaggi sono invece in oro applicato “a missione” oppure a pennello.
Non manca l’utilizzo della foglia d’argento, ormai abrasa, sull’abito della Madonna nella Natività e nell’Adorazione dei Magi, e nella decorazione del petto e delle maniche del secondo dei re Magi.

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Iconografia

Crocifissione

Al centro del trittico è raffigurata la Crocifissione nel momento del crurifragio: ai due ladroni vennero spezzate le gambe con colpi di mazze. In basso la Vergine sviene ed è retta a fatica da due pie donne e da Giovanni. Mentre la Maddalena, riconoscibile per i lunghi capelli e la veste rossa, è crollata in ginocchio ai piedi della croce. Alcuni soldati si accapigliano e strattonano la veste di Cristo, altri personaggi discutono animatamente

Alla sommità della croce è il nido di un pellicano, che lacerandosi il petto con il becco nutre i suoi tre. È un simbolo cristiano del sacrificio di Cristo che offre la sua vita per salvare l’umanità.

Il cattivo ladrone si divincola sulla croce, anch’esso con gli stinchi sanguinanti. Un diavoletto nero cerca di cavare con un uncino la sua anima dalla bocca.

Il buon ladrone è appena spirato. Il moncone di una sua gamba penzola sanguinante, mentre il piede è rimasto legato alla croce con una corda. La sua animula è portata in cielo da un angioletto.

I giudei sono tutti ben riconoscibili da vari particolari. Alcuni sono segnalati dallo scorpione sugli scudi, segno infamante che paragonava il veleno dell’animale all’eresia e all’inganno degli ebrei.

Altri personaggi si distinguono per i copricapi “a sacco” o a punta, altri ancora si riconoscono semplicemente per i tratti somatici rozzi. Gli occhi di molti di loro sono stati grattati da qualche fedele che voleva punire i soggetti rappresentati.

Un altro personaggio tiene un bastone su cui è infilata la spugna imbevuta di acqua e aceto che è stata porta a Gesù. Un ebreo dal grosso naso indica il crocifisso e nell’alta mano tiene un cartiglio: si tratta del personaggio che chiese di cambiare la scritta in “Costui disse: io sono il re dei Giudei”.

Il personaggio a cavallo con la lancia è Longino, soldato romano che ha recuperato la vista dopo aver trafitto il costato di Cristo e aver riconosciuto il suo sacrificio.

Natività

Nella scena della Natività Maria adora il Bambino steso a terra su un lenzuolino trasparente, con la testa poggiata su una fascina. Alle sue spalle è la levatrice che, secondo i Vangeli apocrifi, perse l’uso delle mani per non aver creduto alla verginità della Madonna, ma fu poi guarita toccando Gesù.

San Giuseppe, sulla destra, è come di consueto raffigurato in atteggiamento pensoso, mentre si interroga sul mistero dell’incarnazione di Cristo.

In lontananza vi è un suonatore di cornamusa con accanto un gregge di pecore e una capra; un angelo annuncia la venuta del Messia ad un pastore che, sullo sfondo di un paesaggio roccioso e in compagnia di un levriero, ripara il suo sguardo dalla luce divina.

Adorazione dei Magi

I tre re Magi in eleganti e lussuosi abiti orientali portano i loro omaggi a Gesù Bambino. Alle loro spalle si snoda il corteo di scudieri e animali, tra cui pure una scimmietta. Incisa sul fondo dorato è la stella che guidò il corteo fino a Nazareth.

Sant’Adriano

Un giovane dai capelli biondi impersona Sant’Adriano, soldato romano, martire e patrono di Matelica. Indossa abiti alla moda: un berretto rosso con una piuma, una giornea verde a pieghe e un farsetto o “zupparello” in velluto secondo lo stile della manifattura veneziana.

Sul modellino di Matelica tenuto dal patrono Sant’Adriano sono ben visibili due stemmi. La croce bianca su campo rosso è il simbolo comunale, mentre l’altro scudo, oggi graffiato, è quello della famiglia Ottoni, composto nella parte inferiore da una scacchiera rossa e argento e in quella superiore un’aquila nera rivolta a sinistra con le ali spiegate su campo oro. I Signori di Matelica sono dunque con molta probabilità i committenti del dipinto, raffigurati in ginocchio sulla sinistra.

San Bartolomeo

L’altro santo titolare dell’antica pieve di Matelica è raffigurato nel momento del suo martirio. Venne scorticato ed è spesso raffigurato con un abito elegantissimo, con cui fu ricompensato da Dio per il suo sacrificio.

Autori

Gran parte del trittico è stato dipinto da Luca di Paolo, pittore matelicese attivo nella seconda metà del Quattrocento. Tra 1471 e 1475 sono attestati diversi rapporti con Lorenzo d’Alessandro, pittore di qualche anno più giovane, che intervenne in alcune parti di questo trittico. La figura del Sant’Adriano a cavallo e la Madonna col Bambino dell’Adorazione dei Magi spettano infatti alla sua mano. I due pittori, lavorarono insieme a questa tavola, praticamente in contemporanea.

Luca di Paolo (Matelica 1435/41 – 1490/91)

Luca di Paolo di Niccolò è pittore matelicese documentato a partire dal 1455 e morto attorno al cambio d’anno tra 1490 e 1491. La sua personalità è una scoperta recente, dovuta al ritrovamento di alcuni documenti che hanno permesso di conoscere l’autore della Pala della Crocifissione.
Il catalogo di Luca di Paolo comprende gran parte delle opere che un tempo erano riferite a Francesco di Gentile da Fabriano. I primi lavori rivelano una matrice tardogotica vicina al Maestro di Staffolo, autore della Madonna della culla del Monastero della Beata Mattia, seguace di Gentile da Fabriano. In seguito sembra aggiornarsi su Antonio da Fabriano, Niccolò di Liberatore e Lorenzo d’Alessandro, contrapponendosi quasi del tutto ai valori prospettici e luministici dei pittori del Quattrocento camerinese.

Lorenzo d’Alessandro (Sanseverino 1445 circa – 1501)

Lorenzo d’Alessandro da San Severino è un artista documentato tra il 1465 e il 1501, molto attivo e versatile, non solo pittore ma anche miniatore, disegnatore delle tarsie del coro per la basilica superiore di Assisi intagliato da Domenico Indivini, nonché musicista e personaggio coinvolto nelle cariche cittadine.
I suoi inizi sono ancora legati alla pittura tardogotica dei fratelli Salimbeni, suoi conterranei, ma cambierà presto il suo stile sotto l’influenza dei pittori camerinesi e di Niccolò di Liberatore, che nel 1468 lascia un polittico a San Severino. Per la fase avanzata della sua attività non è da escludere l’ascendente di Luca Signorelli e di Carlo Crivelli.

Il restauro

Durante le scosse di terremoto dell’ottobre 2016, il movimento della parete su cui il trittico poggiava ha causato un’apertura a ventaglio delle tavole.

Il restauro del trittico, eseguito da Angela Allegrini, è iniziato nel novembre 2017 ed è stato possibile grazie al contributo dei Mecenati della Galleria Borghese di Roma.
L’intervento di restauro, che ha implicato scelte impegnative anche dal punto di vista pratico,
ha permesso anche di intervenire sull’opera, favorendone una più corretta leggibilità.

Le indagini preliminari sul Trittico di Luca di Paolo, databile alla seconda meta del ‘400, sono state
effettuate da A.R.T. & co,. spin-off dell’Università di Camerino, allo scopo di di valutare lo stato di conservazione dell’opera e studiarne la tecnica pittorica, evidenziare l’eventuale presenza di disegni preparatori e pentimenti, caratterizzare i materiali utilizzati dall’artista.

Si è potuto così elaborare un progetto d’intervento finalizzato al miglioramento della lettura cromatica ed estetica e al rallentamento dei processi di degrado ancora attivi che, se trascurati, rischierebbero di peggiorarne lo stato.

In seguito alla spolveratura sia del recto sia del verso della pala e alla realizzazione di una completa campagna fotografica documentaria, sono state avviate le prime operazioni di consolidamento.
I numerosi sollevamenti e i distacchi degli strati pittorici e preparatori sono stati fissati , si è poi passati alla delicata fase della pulitura della superficie pittorica e nella rimozione delle sostanze soprammesse.

È stato così possibile valutare l’entità dei ritocchi e delle integrazioni, e si è convenuto di preservare solo alcune delle vecchie integrazioni, specialmente sulle cornici dorate.
In seguito a tali operazioni sono emersi anche particolari prima difficilmente leggibili o quasi completamente cancellati a causa delle ridipinture.

È stato effettuato un riallineamento delle tavole, apertesi durante il terremoto, in modo da permettere alle traverse un perfetto scorrimento senza ostruzioni.
L’opera è stata sottoposta ad un trattamento di disinfestazione al fine di arrestare il processo di deterioramento del legno causato dall’attacco di insetti xilofagi.

Il fronte dell’opera presenta quattro colonnine tortili, di cui quella di destra risulta perduta almeno dall’inizio del XX secolo. Si è deciso così di riprodurla prendendo a modello quella superstite. La nuova colonnina in legno di pioppo è stata realizzata dalla ditta A.R.T. & Co, che ha eseguito la fresatura sulla base di un file 3D. La colonnina è poi stata rifinita nell’intaglio da maestranze artigiane.

Il ristabilimento dell’integrità del testo pittorico è stato uno tra i momenti più delicati e impegnativi dell’intervento di restauro. Le numerose mancanze dello strato pittorico, tra cui alcune che mutilano importanti zone, ponevano il problema relativo alla tipologia di reintegrazione da adottare.

Il primo obiettivo è stato la restituzione dell’opera nella sua più completa leggibilità, utilizzando la tecnica di reintegrazione a “selezione cromatica” ad acquarello, rispettando il fondamentale principio della riconoscibilità dell’intervento, e allo stesso tempo permettendo all’osservatore l’unità dell’immagine senza risultare di difficile lettura o di dubbia interpretazione.

Il restauro si è concluso con una verniciatura finale applicata per nebulizzazione che ha fissato tutti gli interventi pittorici, migliorando l’effetto cromatico e proteggendo la superficie.

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